La Giunta Comunale di Genova ha approvato la proposta dell’Assessore Fiorini di istituzione di un registro delle Unioni Civili con il dichiarato intento di parificare sotto ogni profilo, almeno nei confronti dell’amministrazione comunale, le coppie di fatto, anche dello stesso sesso, rispetto alle coppie coniugate.
Da dove nasce questa proposta e quali sono i suoi concreti obiettivi?
Molti si stanno interrogando a questo riguardo e malgrado il provvedimento venga presentato come segno di progresso e modernità della nostra realtà comunale, la maggior parte dei cittadini genovesi non ha ben capito cosa cambierà, dopo l’adozione del registro per le coppie di fatto che vi si iscriveranno, né cosa cambierà per quelle che decideranno di non iscriversi, né infine che ricadute si avranno sulle coppie coniugate.
Quali discriminazioni vuole correggere il registro delle Unioni Civili?
Al momento, in realtà, qualche discriminazione sembra subirla chi è sposato e coltiva l’unità familiare: per fare un esempio, nella compilazione dell’ISEE per l’accesso all’asilo nido o alla ristorazione scolastica dei figli, i coniugati sono tenuti ad annotare i redditi di entrambi i genitori mentre alle coppie di fatto ed ai coniugi separati, grazie all’assunzione di residenze diverse, è sufficiente presentare un solo reddito alla verifica amministrativa, magari anche al fine di rientrare in quelle categorie di famiglie giustamente protette (le “monogenitoriali”) che saltano in cima alle classifiche di accesso ai servizi.
La disparità cui si è ora fatto cenno non verrebbe, tuttavia, superata dal registro delle unioni civili, poiché nessuna coppia di fatto potrebbe essere tenuta ad iscriversi al registro (non si tratta certo di un censimento obbligatorio!). Il Comune dovrà, quindi, adottare altri strumenti di verifica delle realtà familiari, come già in parte ha iniziato a fare per contrastare i c.d. furbetti dell’ISEE, al fine di sventare il rischio di una ingiusta distribuzione delle già esigue risorse comunali.
Veniamo allora, in concreto, ai possibili effetti dell’iscrizione di una coppia, anche dello stesso sesso, al registro comunale: possiamo solo fare delle ipotesi, perché nulla ci è stato spiegato al riguardo.
Dobbiamo, anzitutto, escludere che l’appartenenza ad un’unione civile possa cambiare lo status “anagrafico” della persona: come è noto, i Comuni non hanno competenza sullo “stato civile” (materia riservata dalla Costituzione alla legge statale). Certo, probabilmente le unioni potranno vedersi rilasciare un attestato di convivenza per ragioni affettive, documento che tuttavia varrà quanto una semplice autocertificazione, non potendo il Comune misurare e certificare l’affetto corrente tra le persone (sposate e non).
Una cosa, allora, è ben chiara: perché le unioni civili ottengano benefici dall’istituzione del registro dovranno essere rivisti tutti i regolamenti comunali (ed infatti l’Assessore competente ha preannunciato che ciò avverrà), e far sì che essi contemplino tra i loro destinatari queste nuove “formazioni sociali”, sconosciute alla vigente normativa statale. Chissà se dal punto di vista della Costituzione questa innovazione comunale sarà legittima: l’unica formazione sociale cui la nostra “magna carta” riconosce diritti è la famiglia fondata sul matrimonio; il Comune di Genova dovrà fare qualche acrobazia giuridica per riconoscere, nei suoi regolamenti, “diritti” anche a quella forma privata, instabile e liquida di formazione sociale che è l'”unione civile”. E dovrà anche superare le numerose sentenze della Corte Costituzionale che hanno sancito che le coppie di fatto, anche omosessuali, non sono omologabili alle coppie sposate (da ultimo si veda ancora la nota sentenza n. 138/2010).
Un possibile campo di applicazione dell’appartenenza delle coppie al registro potrebbe, forse, riguardare l’assegnazione delle case popolari, che comunque già oggi è consentita sia a persone singole che a conviventi che a coniugati: forse nelle graduatorie la parificazione di tutte le coppie svolgerà il suo compito, escludendo che ai coniugati possa essere concesso un punteggio privilegiato.
Se sarà così, il Comune di Genova si sarà arrogata la competenza di abrogare quella norma della Costituzione che impone anche ai Comuni di agevolare la famiglia fondata sul matrimonio con “misure economiche ed altre provvidenze” (art. 31 della Costituzione).
Quanto all’accesso del convivente all’ospedale, anche ammesso che il Comune possa con un semplice registro incidere sulle regole che disciplinano i rapporti tra il paziente e le amministrazioni ospedaliere (in realtà estranei alla competenza comunale) ciò risulta già oggi possibile, nel rispetto della normativa sulla privacy.
Ciascuno di noi, infatti, può far accedere ai propri dati sensibili, anche relativi alla salute, chi lo desidera, manlevando da responsabilità l’amministrazione ospedaliera, e può persino portare sempre con sé (come fanno i testimoni di Geova per rifiutare le trasfusioni) un appunto firmato che autorizzi il proprio convivente ad accedere a tali dati ed interloquire con i sanitari. Vogliamo poi accennare alla sepoltura dei conviventi nei cimiteri comunali? Non risulta ci siano impedimenti all’acquisto congiunto di loculi da parte di persone che non siano legate da vincolo di coniugio o di parentela, così come nessun impedimento pone la legge alla locazione o all’acquisto congiunto di un immobile. E’, poi, ipotizzabile, che il servizio sociale respinga la richiesta di aiuto di una coppia di fatto, anche dello stesso sesso, in difficoltà socio-economica solo perché priva del vincolo coniugale? Certo che no, la legge lo impedirebbe, come pure la professionalità e l’umanità dei nostri operatori locali dei servizi. C’è da chiedersi, piuttosto, se il Comune, così attento all’articolo 2 della Costituzione che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle diverse “formazioni sociali”, intenda, come impone quello stesso articolo, richiedere anche all’interno delle unioni civili “l’adempimento dei doveri di solidarietà economica, politica e sociale”. Il Comune, potrebbe, in particolare precisare che le coppie che si iscrivono nel registro assumono pubblicamente reciproci obblighi di solidarietà, che lo stesso Comune può far valere se uno dei due abbandona l’altro in difficoltà, ad esempio abitativa. Non risulta, però, che i Comuni che hanno adottato i registri ad oggi abbiano assunto la responsabilità di tutelare il convivente debole e difficilmente lo farà il Comune di Genova.
Concludendo, se non tutela il convivente debole, a cosa serve il Registro delle Unioni Civili?
Come ha ammesso con onestà una rappresentante delle associazioni favorevoli al registro, nel corso di un incontro avvenuto nell’autunno scorso tra le varie associazioni interessate all’argomento e l’Assessore Fiorini, il registro ha solo una valenza culturale e di pressione sul Parlamento, cui compete adottare, se del caso, una normativa speciale di regolamentazione delle unioni civili. Il registro, quindi, in sostanza al momento si limita ad imporre una “educazione di Stato” (anzi in questo caso una “educazione comunale”) ai nostri giovani, mandando loro chiari messaggi (di qui la preoccupazione diffusa che si tratti di una “deriva etica”).
Proviamo a riassumerli:
1) Oggi sposarsi e convivere è lo stesso, sono situazioni parificabili, anche agli occhi delle istituzioni pubbliche: il “per sempre” non è più una qualità dell’amore; 2) la differenza sessuale non è necessaria, ai fini della formazione di una realtà omologabile alla famiglia; 3) tutte le formazioni sociali devono indistintamente essere promosse con investimenti pubblici, la famiglia non è più la cellula fondamentale che la società deve proteggere e promuovere; 4) la corrispondenza dei diritti ai doveri è ormai un modello di relazione giuridica superato: è possibile costituire, con l’aiuto delle istituzioni, formazioni sociali i cui componenti abbiano solo diritti; 5) per assumere o sciogliere un legame sentimentale non è più necessario rispondere davanti all’intera collettività della propria condotta, le relazioni affettive si “acquistano” e si “rottamano” come le auto e gli elettrodomestici; 5) la società non si preoccupa affatto del futuro dei bambini, né di quanti ne nascono né delle realtà sociali in cui essi nascono: è ormai superato il traguardo raggiunto dalle convenzioni internazionali, che avevano riconosciuto ai bambini il diritto di conoscere i propri genitori ed essere cresciuti da loro, a questo fine tutte le formazioni sociali sono uguali, una vale l’altra.
Ma tutto questo farà davvero bene alla nostra società? Abbiamo il diritto di rispondere negativamente e di sperare che si pongano responsabilmente questa domanda i consiglieri comunali chiamati al voto nei prossimi giorni per approvare, o disapprovare, l’istituzione a Genova del registro delle Unioni Civili.
Anna Maria Panfili
Presidente Forum Famiglie